Italiani e l'Intelligenza Artificiale
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Andrea Loreti
Italiani e l'intelligenza artificiale.
Negli ultimi mesi sembra che non si parli d’altro: intelligenza artificiale. È entrata nei telegiornali, nei talk show, persino nelle chiacchiere al bar. Ma come vivono davvero gli italiani questa nuova “coinquilina” tecnologica che si infila un po’ ovunque nella vita quotidiana?
Sappiamo cos’è? non proprio…
Partiamo da un dato curioso: sei italiani su dieci ammettono di non sapere esattamente cosa sia l’IA. La conoscono di nome, la sentono nominare, magari la usano senza rendersene conto (pensiamo a Siri, Alexa, Google Maps o Netflix), ma pochi hanno chiaro il concetto che ormai è ovunque..
Insomma, la conosciamo come si conosce un vicino di casa: ci si incrocia ogni giorno, ma non sempre sappiamo bene chi sia davvero.
Tra entusiasmo e diffidenza
La maggior parte delle persone guarda all’IA con fiducia: per il 79% è un’alleata della vita quotidiana, capace di semplificare, far risparmiare tempo e magari anche del denaro.
E non è difficile capirne il motivo: ci aiuta a tradurre testi in un attimo, a riassumere documenti noiosissimi, a organizzare meglio lo studio o il lavoro. In casa, la usiamo senza pensarci troppo: per la cucina, la pulizia, la sicurezza o il risparmio energetico, e questi sono i campi più banali dove l'IA trova spazio.
Pensiamo in ambito medico il valore aggiunto che porta padroneggiare questa tecnologia, negli ultimi anni l’IA è diventata una delle tecnologie più promettenti e non parliamo di scenari futuristici alla “Black Mirror”, ma di strumenti già in uso in ospedali e laboratori che stanno cambiando il modo in cui si diagnostica, si cura e si gestisce la salute.
Allo stesso tempo, però, non mancano i sospetti. Circa la metà degli italiani si dice “contraria” all’idea di affidare decisioni importanti a una macchina. C’è chi teme che ci “rubi il lavoro”, chi non si fida dei dati personali, e chi ha paura di non saper distinguere una notizia vera da un contenuto inventato.
Un divario generazionale evidente
I giovani (Gen Z e Millennial) hanno meno paura e più curiosità: sperimentano, provano le app, usano ChatGPT o altri strumenti per scrivere, studiare, divertirsi.
Le generazioni più adulte, invece, restano più distaccate e spesso diffidenti, complici la minore familiarità con la tecnologia e il bombardamento mediatico che alterna visioni utopiche a scenari da film distopico, oltre al fatto che come tutte le cose nuove un po' ci spaventano.
Quello che manca: consapevolezza
Il quadro è chiaro: l’IA è già presente nelle vite degli italiani, molto più di quanto ci rendiamo conto. Ma la consapevolezza è ancora fragile. La viviamo in modo un po’ superficiale: la usiamo, ci fidiamo quando ci fa comodo, ci spaventa quando ci sembra troppo “potente”.
Eppure, come ogni nuova tecnologia, non è né un miracolo né un mostro. È uno strumento. Sarà il modo in cui scegliamo di usarlo a fare la differenza: con regole, buon senso e spirito critico, 3 valori fondamentali per il progresso sociale ed economico.
Far finta che non esista è come ostinarsi a spostarsi in carrozza al posto di usare l'auto, in conclusione la relazione degli italiani con l’IA somiglia al primo appuntamento: c’è attrazione, c’è curiosità, ma anche diffidenza. La conosciamo poco, ma sentiamo che potrebbe cambiare la nostra vita.
Sta a noi decidere se trasformare questo incontro in una storia lunga e consapevole… o restare a guardarla da lontano con sospetto.
La mia opinione è che è inutile comportarsi come delle vecchie carampane ormai esiste ed è già ampiamente usata in ogni campo della nostra vita, negarlo è da sciocchi, certo l'uso che né faremo sarà l'ago della bilancia.