Per nulla elementare

Sherlock Holmes

THE CLUB

Andrea Loreti

La figura di Sherlock Holmes, creata da Arthur Conan Doyle tra il 1887 e il 1927, ha cambiato radicalmente il genere poliziesco, trasformandolo da semplice racconto di mistero o cronaca nera in un genere con struttura, metodo e un mito propri.

Analizzeremo prima il personaggio poi lo schema narrativo.

Il vero antieroe:

Perché, anche se oggi vediamo Sherlock Holmes come un simbolo di razionalità e giustizia, in realtà è un personaggio profondamente “antieroico” per molti aspetti.
La sua genialità convive con fragilità, egoismo e tratti quasi ossessivi.
Vediamoli nel dettaglio:

1. L’etica personale, non la legge

Holmes non agisce per dovere o per rispetto delle regole.
Agisce solo per il piacere dell’indagine o per una sua concezione privata di giustizia.

  • Spesso lascia liberi i colpevoli se li ritiene “moralmente giustificabili”.

  • Disprezza le autorità e non nasconde la propria superiorità verso la polizia o i giudici.
    Questo lo rende un antieroe morale: segue il proprio codice, non quello imposto dalla società.

2. L’intelligenza come isolamento

La mente di Holmes è la sua forza, ma anche la sua condanna.

  • È freddo, distaccato, incapace di empatia.

  • Vive in una solitudine quasi patologica: poche relazioni, nessun amore, nessuna vita sociale.

  • Riduce le persone a oggetti di studio, non a esseri umani.

Il suo genio lo separa dal mondo. In questo senso, è un antieroe romantico moderno: un uomo divorato dal proprio talento.

3. La dipendenza

Conan Doyle lo mostra dipendente dalla cocaina al 7%, usata “per stimolare la mente” nei momenti di inattività.
È un tratto di fragilità inedito per l’epoca:

  • Il detective impeccabile rivela una ombra autodistruttiva.

  • Mostra che anche il genio ha bisogno di anestetizzare la propria lucidità.
    Questo lato oscuro lo umanizza e lo allontana dal modello eroico classico.

4. L’arroganza e il narcisismo

Holmes è consapevole della propria superiorità e non fa nulla per nasconderla:

“Mi annoio, Watson, quando non posso esercitare le mie capacità.”
La sua ricerca della verità è spesso una gara con sé stesso, più che un servizio agli altri.
È vanitoso, sarcastico, persino crudele con chi non è alla sua altezza.

Questo ego smisurato lo rende affascinante ma respingente, un antieroe intellettuale ante litteram.

5. L’indifferenza emotiva

Holmes sembra privo di compassione: osserva i drammi altrui come esperimenti.
Solo Watson riesce a fargli intravedere l’umanità che gli manca.
In questo rapporto si riflette il suo conflitto interno:

  • Holmes = ragione assoluta

  • Watson = cuore e umanità

L’eroe classico unisce questi due poli; Holmes li tiene separati, e per questo è incompleto.

6. Il fascino dell’ombra

Pur essendo “dalla parte del bene”, Holmes è attratto dal male:

  • Studia la mente criminale con curiosità quasi ammirata.

  • Il suo antagonista, Moriarty, è una sorta di doppio oscuro: la stessa intelligenza, ma senza etica.
    Holmes e Moriarty rappresentano due lati della stessa mente.

In conclusione:

Sherlock Holmes è un antieroe perché incarna la razionalità estrema che isola, l’intelligenza che consuma e la giustizia personale che sfida l’ordine comune.

Non combatte per gloria, amore o patria, ma per il bisogno di capire, che in fondo è una forma di ossessione.

Sherlock Holmes non solo ha definito il genere poliziesco, ma ha dato alla narrativa moderna un nuovo modo di pensare la conoscenza, la verità e il racconto stesso.

Ecco i punti chiave dello schema narrativo di Sir. Arthur Conan Doyle:

1. Ha inventato il detective “razionale” come eroe moderno

Prima di Holmes, i detective letterari (come Dupin di Poe) erano casi isolati. Conan Doyle crea un personaggio sistematico, riconoscibile, con metodo, personalità e rituali:

  • La logica deduttiva diventa quasi una scienza narrativa.

  • L’intelligenza sostituisce l’azione come motore del racconto.

  • Il detective diventa una sorta di sacerdote della ragione, in un mondo caotico.

Questo modello diventerà il prototipo di tutti i grandi investigatori futuri — da Poirot e Miss Marple, fino a Dr. House e Lisbeth Salander.

2. Ha codificato la “forma” del giallo classico

Conan Doyle impone una struttura narrativa riconoscibile, che influenzerà tutto il Novecento:

  1. Mistero iniziale (un delitto o enigma apparentemente inspiegabile)

  2. Indagine condotta secondo un metodo logico

  3. Risoluzione finale con rivelazione brillante

In altre parole: Holmes trasforma il mistero in un gioco d’intelligenza tra autore e lettore.
È l’atto di nascita del “fair play detective story”, in cui il lettore ha le stesse informazioni dell’investigatore.

3. Ha reso il metodo scientifico un valore narrativo

Holmes osserva, misura, analizza, sperimenta.
Conan Doyle (che era medico) trasforma la scienza positivista del suo tempo in un modello di indagine morale: capire il mondo attraverso la ragione e i fatti.
Questo influenzerà non solo la letteratura, ma anche il linguaggio della giustizia e del giornalismo investigativo.

4. Ha creato un universo narrativo “continuo”

Le storie di Holmes non sono solo episodi: costruiscono un mito seriale, con un personaggio ricorrente, una geografia (Londra vittoriana, 221B Baker Street), un assistente (Watson), un antagonista (Moriarty).
È uno dei primi esempi di serialità letteraria moderna, anticipando il modello delle saghe televisive e dei franchise narrativi contemporanei.

5. Ha elevato il genere

Prima di Holmes, il “racconto di mistero” era considerato intrattenimento popolare.
Con Conan Doyle, diventa letteratura vera e propria, capace di riflettere su scienza, società e psicologia.
Dopo di lui, ogni autore di gialli — da Agatha Christie a Simenon, da Chandler a Eco — dovrà confrontarsi con la sua ombra.

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